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Da bambino le mie mani erano già grandi e si muovevano velocemente sulla tastiera. All’esame di ammissione in conservatorio mi offrirono solo la possibilità ad entrare nella classe di organo, io volevo diventare pianista. La bellezza della musica antica entrò nella mia vita a 14 anni. Ascoltavo il concerto di un vecchio signore, Ralph Kirkpatrick. Durante il concerto un temporale provocò un black out. Lui era già completamente cieco, non si accorse del buio e continuò a suonare. Da quella forte emozione iniziai ad ascoltare e conoscere, grazie al mio insegnante di allora, i più grandi organisti: Luigi Ferdinando Tagliavini, Michel Chapuis, Ton Koopman, Gustav Leonhardt, Michael Radulescu e tanti altri. Di alcuni di questi diventai poi allievo. Con Ton Koopman ho conosciuto l’entusiasmo, dai miei straordinari compagni di classe ho imparato ad imparare. Da Gustav Leonhardt ho appreso la disciplina ed il rispetto per la musica, ad ascoltare in silenzio il miracolo inimitabile della sua arte. Mi ritrovavo spesso a suonare male volontariamente, per costringerlo a sedersi al mio posto e poterlo ascoltare. Con Jesper Chirstensen ho scoperto quanto fosse emozionante fare musica in tanti, ho imparato che dietro alle note, esiste un mondo di scienza dalla quale non si può prescindere. Dei tanti concerti che ho tenuto ricordo sempre il primo: senza dubbio il migliore. Creare un gruppo di musicisti è stata un’esigenza naturale; mi affascinava l’ignoto e quando uscivo da una biblioteca dopo aver sfogliato antiche partiture, sentivo l’irresistibile bisogno di trasformarle in suono. Ho inseguito musicisti del passato che nessuno conosceva e continuo a farlo, restituire le loro opere e favoleggiare intorno al loro mondo è fonte di energia. Scelgo i musicisti con cui lavorare in base alle affinità che mi trasmettono. Quando si cominciò a sapere che avevo casualmente ritrovato un modo antico di cantare e che chiedevo ai miei colleghi cantanti di mettersi a decine di metri di distanza tra di loro, ricevetti un invito. Una importante casa discografica era curiosa di sapere cosa diavolo avessi scoperto. Andai e raccontai i dettagli del mio ritrovamento e come si metteva in pratica la prassi del “Cantar lontano”. Spiegai anche, che necessariamente il tempo delle esecuzioni sarebbe stato molto lento. Risero. Avevo anche parlato della sensazione che prova il pubblico quando è trasportato in una dimensione d’ascolto nuova. Come se la lentezza del tempo potesse influenzare il battito del cuore, creando uno stato d’animo di corale intimità. Risero ancora: “Abbiamo bisogno di prodotti che vendano migliaia di copie e di tenere sveglie le persone, non addormentarle!”. Da qui partì la sfida di creare un mio gruppo e di fondare un’etichetta discografica per far conoscere la bellezza di quel mondo di musica sommerso di cui io ancora, conosco solo la punta dell’Iceberg. Il complesso Sacro & Profano ed E lucevan le stelle Records sono nati così.”
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Ho ascoltato Su Radio 3 una bella intervista. Spero di venirvi a sentire. Auguri. Giacometta Zucconi